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Sicilia Queer Filmfest 2012

Posted on October 25, 2018January 26, 2019 by revisioncinema

Sicilia Queer Filmfest 2012

Festival Internazionale di Cinema GLBT e Nuove Visioni

All’inizio della sua magnifica carriera, in Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso ma non Avete mai Osato Chiedere, Woody Allen, traendo spunto dall’omonimo e reazionario manuale allora in voga (era il 1972) si poneva un interrogativo, tra gli altri, che travalicava i limiti del “politically correct”: “I travestiti sono omosessuali?”. La domanda avrebbe potuto funzionare da slogan autoironico per questo secondo appuntamento del “Sicilia Queer Film Fest”, manifestazione utile e stimolante svoltasi al cinema Rouge et Noir di Palermo, sede della precedente edizione e degli appuntamenti stagionali de “Il Queer secondo me”. Condotto con competenza e passione dal suo direttore artistico, il sempre più agguerrito Alessandro Rais, il festival ha dato quest’anno rilievo al côtè romantico dell’amore gay, privilegiando un certo connotato di “normalità”, buono a esorcizzare qualsiasi residuo di moralismo e di razzismo. Il sesso rimane la motrice attrazione principale per gli omo come per gli etero, ma poi ecco il risvolto che cementifica la relazione, uno sviluppo affettivo travolgente e annichilente. E’ il tema di Keep The Lights On, che si è aggiudicato il Teddy Award al Festival di Berlino di quest’anno. Diretto con mano felice dal regista Ira Sachs (originario di Memphis) è una problematica love story ambientata a Manhattan, in un arco di tempo che prende corso dal 1997, con al centro un documentarista e un avvocato. Una liaison inizialmente appassionata, segnata dall’incrocio di fragilità che trovano sbocco nel sesso e nella droga. Il racconto s’inerpica su dettagli emotivi che hanno per corollario il crepuscolare paesaggio metropolitano del cuore della grande mela, a suggerire l’inesorabile annodamento che ogni relazione produce col trascorrere del tempo sia interiore sia fisico. Un film intimo e implacabile che si avvale dell’efficace interpretazione di Thure Lindhardt e Zachary Booth.
Anche l’incontro di una notte può produrre un’illuminazione: lo narra il regista Andrew Heigh in Weekend, disamina del giro di vite di due giovani eterosessuali che s’incontrano in un club-gay notturno, consumando avidamente un’incipiente passione tra alcol e additivi vari fino a scoprirsi imprevedibilmente legati.
Dal canto suo, Stefano Pasetto, dopo il promettente esordio di Tartarughe Sul Dorso, conduce per mano le attrici Sandra Ceccarelli e Francesca Inaudi in Patagonia per il suo secondo film, Il Richiamo. I personaggi sono, rispettivamente, Lucia e Lea, spinte al fatale incontro dall’angosciosa consapevolezza di un vuoto emotivo che opprime entrambe. Si tratta di legami irrisolti, quello dell’hostess Lucia tradita dal marito e in attesa di una diagnosi tumorale e quello di Lea segnata fino all’ossessione dalla figura del padre assente. Gestendo con sufficiente vigore il minimalismo rappreso (alla Jane Campion di Lezioni di Piano) della sua storia morale, Pasetto ci parla dell’amore come rivelazione, object d’art esistenziale in un’epoca di smarrimenti a vuoto come la nostra. Insieme, le due donne sogneranno la fuga e coltiveranno le proprie residue utopie, respiro che trova in loro alimento dall’inaspettato svolgersi di una reciproca passione.
Su un altro versante, ecco Let My People Go!, briosa pochade post-moderna che il regista Mikael Buch ha scritto con Christophe Honoré, protagonista la mitica Carmen Maura, madre bigotta che abita a Parigi con a carico un figlio gay che fa il postino in Finlandia. Quando il giovane abbandona il suo compagno dei Paesi Bassi, torna in Francia dalla famiglia innescando una serie di equivoci. Pura gazzosa da sorseggio.
Vengono in mente alcune strofe di una bella canzone di Enrico Ruggeri di una ventina d’anni fa: “Storia da Pasolini / nelle macchine strette”, diceva. Poi ancora: “E vorrei avere un nome / uguale a quello dentro ai documenti”. Il titolo della canzone è Trans, lo stesso del documentario di Chris Arnold premiato al Torino GLBT Film Festival di quest’anno e inserito nel programma della manifestazione. Una testimonianza flagrante e coraggiosa sulla difficile estasi del funambolismo sessuale dei transgender, categoria di cui si conoscono solamente gli aspetti più esteriori e glamour. Qui il contesto di una società finto–tollerante è ben delineato (siamo negli USA, ma l’assunto è adattabile anche da noi) così come le inquietudini psicologiche e gli aspetti organici di una condizione che, di per sé, è una sfida alle categorie (non solo sessuali) che fondano il cosiddetto ordine della società contemporanea.
Alla ribalta di questa edizione del “Sicilia Queer Film Fest” c’è stato il documentarista Stefano Savona, che ne ha realizzato il trailer e che, per l’occasione, ha presentato il teso e tagliente Palazzo delle Aquile, rievocazione della drammatica vicenda di diciotto famiglie rimaste senza casa che occuparono, per un mese, la “Piazza della Vergogna” che ospita il Municipio di Palermo. Per la sua messa in scena rigorosa abbiamo scomodato il nome di Raymond Depardon, fotoreporter e regista francese che ha saputo cogliere con piglio analitico e intenzionalità critica campagne presidenziali e sequenze processuali. E, infatti, Savona, apprezzato in Francia, ha ricevuto per Palazzo delle Aquile il Grande Prix al Festival Cinéma du Reel di Parigi.
Sono stati fatti degli omaggi alla memoria, il primo al critico cinematografico Serge Daney, vittima dell’AIDS nel 1992, capo redattore dei “Cahiers” e collaboratore del quotidiano “Libération”. In suo omaggio sono stati presentati due capolavori della storia del cinema, La Morte Corre sul Fiume di Charles Laughton e Querelle di Rainer Werner Fassbinder. Si è visto anche un capitolo delle Histoire(s) du Cinema di Jean-Luc Godard, quello che riguarda una conversazione tra il grande irregolare francese e il compianto Daney, accanto al fluviale Serge Daney Itinéraire d’un Ciné-fils di Pierre-André Boutang e Dominique Rabourtin, documentario girato pochi mesi prima la morte della scomparsa del grande critico e che funziona da suo testamento spirituale. Da segnalare un altro omaggio dedicato a Werner Schroeter con la proiezione di Palermo oder Wolfsburg.
Particolare rilievo ha avuto la presenza al festival di Matteo Bianchi, autore e caporedattore della trasmissione radiofonica “Dispenser” trasmessa giornalmente da Radio Due RAI. Bianchi ha collaborato come autore ai programmi “Victor Victoria” e “Quelli che in calcio” e, nell’attesa di debuttare in un lungometraggio con una sceneggiatura in archivio, ha girato alcuni corti. Tra questi, ci piace ricordare Golden Hays con uno spiritoso Gianni Canova. Bianchi è stato anche un componente della giuria di quest’anno per il concorso internazionale dedicato ai cortometraggi, insieme ad Emma Dante, Vincent Dieutre, Fabio Grassadonia e Mark Pariselli. Madrina della manifestazione invece è stata Vladimir Luxuria brillante e spigliata come al solito.
I corti premiati sono stati il francese Utopies di Manfred Rott (miglior cortometraggio), l’americano Lunch Time di Keo Wolford (premio della giuria) e Last Kiss di Charles Lum (miglior cortometraggio low-budget proveniente dagli Stati Uniti). La giuria dell’associazione 100 autori (composta da Chiara Agnello, Anne Riitta Ciccone e Marco Simon Puccioni) ha premiato per la migliore sceneggiatura Polaroid Girl di April Maxey mentre la menzione speciale per il soggetto originale è andato al cortometraggio fuori concorso Dilotettonica per Principianti di Slavina. Infine, la giuria del “Coordinamento Palermo Pride” ha premiato Down Here di Diogo Costa Amarante e a Cupcake: A Zombie Lesbian Musical di Rebecca Thomson è andata una menzione speciale.
Una seconda edizione assai variegata, quella del “Sicilia Queer FilmFest”, che si è mossa tra sperimentazioni linguistiche (soprattutto per ciò che concerne il documentario) e lungometraggi a soggetto sganciati dal dejà vu del cinema gay.

 

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